Ma cè anche un risvolto per così dire pratico delle «spese di culto» che è stato efficacemente sottolineato, pochi giorni fa, dal vescovo Nunzio Galantino. «Vorrei ricordare - ha detto il segretario generale della Cei in unintervista a Radio Vaticana - che nelle "spese di culto" vanno contemplati i tanti cantieri di edilizia di culto, e di restauro dei beni culturali. Sa quanti sono i cantieri aperti oggi? 920! Migliaia di persone mantengono la loro famiglia, lavorando in questi 920 cantieri. Vengono conservati, custoditi e resi fruibili veri e propri tesori di arte e di cultura altrimenti destinati ad andare in malora. Vengono, poi, costruiti luoghi di aggregazione. Se si spiegasse bene che "spese di culto" sono anche queste, forse la gente capirebbe meglio quanto pretestuose siano certe prese di posizione di chi identifica il culto con lincenso e le candele...».
Anche per questo quella frase «Non un solo euro sarà usato per il culto» non mi suona proprio. Tra laltro, anche se non penso che fosse questa lintenzione di chi ha costruito lespressione, essa finisce per mettere in competizione lamore per Dio con lamore per i fratelli e soprattutto per i poveri, mentre per tanti credenti, e in particolar modo per i cristiani, quei due amori sono uno stesso amore. In ogni caso "culto" non è una parolaccia, non evoca atti disdicevoli. Culto, direi, è il gesto di amore, di devozione e di fedeltà che il credente offre a Dio. Da un punto di vista cristiano è la Memoria che aiuta a sperimentare la contemporaneità con Gesù e che insegna riconoscerlo nel volto di ogni uomo e di ogni donna e, appunto, a servirlo nei poveri, nei piccoli, nei deboli.
«La Chiesa non è una Ong», ci ha avvertito spesso papa Francesco, che pure ci invita incessantemente a dare concretezza e solare continuità alla scelta preferenziale per i poveri, «carne di Cristo». E anchio, che come tanti altri sono stato educato a considerare ogni gesto di carità una preghiera vissuta e non solo detta, continuo a intendere questo insegnamento del Papa come un appello a non "disanimare" limpegno con gli altri e per gli altri, schiacciandolo su una terra senza più cielo e riducendolo a pura meccanica del soccorso e della restituzione sociale. Compiere atti di giustizia e di bontà è però indubbiamente un modo per «rendere culto a Dio», sul piano della testimonianza pubblica è forse "il" modo. San Giovanni Paolo II ci ha ricordato, e dimostrato, quanto sia vero che alla Chiesa intera e a ognuno di noi che si dice credente «gli uomini del nostro tempo chiedono non solo di parlare di Cristo, ma di farlo loro vedere».