E invece no, appena toccata la terra greca come oggi tocca il suo cuore con commozione, Hazizie, 28 anni, afgana, fuggita da problemi familiari seri di cui non vuole parlare, ha capito che poteva ricominciare a sperare oltre linsperabile, a sognare mille progetti per il futuro di suo figlio e per lei, tra cui quello di raggiungere chissà quando il fratello in Svizzera.
Mustafà, 30 anni, insegnante siriano, mostra invece sul telefonino una foto inviata giorni fa da un amico: è casa sua distrutta dalle bombe, la buona sorte nella sventura gli ha concesso di fuggire con la moglie incinta di nove mesi. In quel mare minaccioso tra la Turchia e lisola di Lesbo la guardava da lontano. Lei era seduta nella parte opposta del gommone, nel punto più pericoloso, nonostante il pancione. La incoraggiava pur sapendo che stava mentendo, non ci credeva nemmeno lui che si sarebbero salvati. Lei oggi ammette, sorridendo: ero sicura che sarei morta. Lui non perdeva neanche un istante del suo viso perché pensava che non lavrebbe più vista. Soprattutto quando i trafficanti li hanno costretti a gettarsi tutti in acqua appena avvistata la riva, nonostante onde altissime e minacciose. Invece il destino è stato benevolo con loro ed Ezra è nata da pochi mesi, nel centro di accoglienza, ed è tra le sue braccia. La mamma ha il volto segnato da occhiaie profonde, nere come il velo che avvolge il suo viso.
Sono centinaia se non migliaia le storie così, di madri sole con figli, donne incinte e decine di bimbi nati in Grecia, famiglie giovanissime, persone con problemi di salute, tutte situazioni di particolare vulnerabilità che la Chiesa cattolica, tramite la rete Caritas e altre associazioni, grazie all8xmille per mille C.E.I. e ai gemellaggi tra diocesi, sta accogliendo ad Atene nei suoi centri per i profughi, dopo che la Grecia ne ha visti passare nel 2015 circa un milione.